Cosa pensate?

Ciao a tutti!
Volevo sapere cosa pensate di questi paragrafi, visto tutto quello che stiamo vivendo, tutto quello che dovremo ancora vivere e il riflesso di tutto quanto nella nostra vita...
Un abbraccio di cuore a cuore, abbiate cura di voi!
6 - Ma se ci sono mali dei quali l’uomo è causa prima in questa vita, ve ne
sono anche altri ai quali, almeno in apparenza, è totalmente estraneo e che
sembrano colpirlo come per fatalità. Tale, per esempio, è la perdita di esseri
cari e di coloro che erano i sostegni della famiglia, tali gli incidenti che
nessuna preveggenza poteva impedire, i rovesci di fortuna che sventano tutte
le misure di prudenza, le catastrofi naturali, e poi le infermità innate,
soprattutto quelle che impediscono a degli sventurati di guadagnarsi la vita
col lavoro: le deformità, l’idiozia, il cretinismo, eccetera.
Coloro che nascono in simili condizioni, certamente non hanno fatto nulla in
questa vita per meritare un così triste destino; destino senza compenso che
essi non potevano evitare, che sono impotenti a modificare da loro stessi e che
li pone alla mercé della pubblica commiserazione. Perché, dunque, ci sono
esseri tanto disgraziati, mentre vicino a loro, sotto lo stesso tetto, nella stessa
famiglia, altri sono invece favoriti in tutto?
E che dire poi di quei bambini che muoiono in tenera età e che della vita non
hanno conosciuto che la sofferenza? Sono problemi che nessuna filosofia è
ancora riuscita a risolvere, anomalie che nessuna religione è riuscita a
giustificare, e che sarebbero la negazione della bontà, della giustizia e della
provvidenza di Dio, se si accetta l’ipotesi che l’anima è creata in pari tempo al
corpo e la sua sorte è fissata irrevocabilmente, dopo un soggiorno di qualche
istante sulla terra. Che hanno fatto, dunque, queste anime che sono appena
uscite dalle mani del Creatore, per sopportare quaggiù tanta miseria e per
meritare nell’avvenire una ricompensa qualsiasi o una qualsiasi punizione,
non avendo potuto fare né il bene né il male?
Cionondimeno, per l’assioma che ogni effetto ha una causa, queste
miserie sono degli effetti che debbono pur avere una causa; e dal momento in
cui si ammette un Dio giusto, questa causa deve essere giusta. Siccome la
causa precede sempre l’effetto, poiché tale causa non esiste nella vita attuale,
deve essere anteriore a questa vita, deve, ossia, appartenere a un’esistenza
precedente. Ma poiché Dio non può punire per il bene che si è fatto, né per un
male che non si è fatto, se siamo puniti è perché abbiamo fatto del male; se
non l’abbiamo fatto in questa vita, l’abbiamo fatto in un’altra. E’
un’alternativa cui non è possibile sfuggire e nella quale la logica dice da quale
parte è la giustizia di Dio.
Dunque l’uomo non è sempre punito, o totalmente punito, nella sua esistenza
presente, ma non per questo sfugge alle conseguenze delle sue colpe. La
prosperità del malvagio non è che momentanea, se non espia oggi, espierà
domani. Il malvagio che soffre, invece, sta espiando il suo passato. La
sventura che a prima vista sembra immeritata ha, quindi, la sua ragion
d’essere, e chi soffre può sempre dire: “Perdonatemi, Signore, perché io ho
peccato”.
7 - Le sofferenze dovute a cause anteriori, come quelle per le colpe attuali,
spesso sono conseguenze naturali di ciò che si è commesso: ossia, per una
rigorosa giustizia distributiva, l’uomo sopporta ciò che ha fatto sopportare
agli altri. Se è stato duro e inumano, potrà essere trattato duramente e
inumanamente; se è stato orgoglioso, potrà nascere in una condizione
umiliante: se è stato avaro, egoista, o se ha fatto cattivo uso della sua fortuna,
potrà essere privato del necessario; se è stato un figlio ingrato, potrà soffrire a
causa dei suoi figli, ecc.
La pluralità delle esistenze e la destinazione della terra come mondo
d’espiazione, spiegano così le anomalie della ripartizione, quaggiù, della
felicità e della sventura tra i buoni e i malvagi. L’anomalia non esiste che in
apparenza, quando ci si basa sul punto di vista della vita presente. Ma se ci si
innalza col pensiero fino a poter abbracciare una serie di esistenze, si vedrà
che a ciascuno tocca la parte che egli merita (senza pregiudizio di quella che
gli spetta nel mondo degli Spiriti) e che la giustizia di Dio è perenne.
L’uomo non deve perdere mai di vista il fatto che egli vive in un mondo
inferiore, nel quale è costretto dalle sue imperfezioni. Ad ogni vicissitudine
dovrà dire a se stesso che se appartenesse ad un mondo più progredito tutto
ciò non gli accadrebbe, e che dipende da lui stesso non ritornare più quaggiù
riuscendo a migliorarsi.
8 - Le tribolazioni della vita possono essere imposte a degli Spiriti pervicaci
nella colpa, o troppo ignoranti per fare la loro scelta con conoscenza di causa.
Ma sono liberamente scelte ed accettate dagli Spiriti penitenti che vogliono
riparare il male che hanno fatto e tentare di far meglio. Come colui che ha mal
eseguito il suo compito e chiede di poterlo ricominciare per non perdere l’utile
del suo lavoro. Pertanto queste tribolazioni sono in pari tempo delle
espiazioni per gli errori del passato, che castigano, e delle prove per l’avvenire
che preparano. Ringraziamo Dio che, nella sua bontà, concede all’uomo la
possibilità di riparare e non lo condanna irrevocabilmente al suo primo
errore.
9 - Non bisognerebbe credere, tuttavia, che ogni sofferenza sopportata
quaggiù sia necessariamente indizio di una precisa colpa: spesso si tratta
soltanto di prove scelte ed accettate dallo Spirito per completare la sua
purificazione ed affrettare il suo progresso. Così l’espiazione è sempre una
prova, ma la prova non è sempre un’espiazione: però prove ed espiazioni sono
sempre segni di una inferiorità relativa, perché ciò che è perfetto non ha
bisogno di essere messo alla prova. Uno Spirito, quindi, può aver acquisito un
certo grado di elevazione, ma, volendo progredire ancora, sollecita una
missione, un compito da eseguire, per il quale avrà una ricompensa tanto più
alta quanto più penosa sarà stata la lotta per riuscirne vittorioso. Queste sono
più specialmente quelle persone di buoni istinti naturali, di animo elevato,
dotate di nobili sentimenti innati, che non sembrano aver conservato in sé
nulla di malvagio dalla loro esistenza precedente e che sopportano con una
rassegnazione profondamente cristiana i più grandi dolori, domandando a
Dio di poterli soffrire senza lagnarsi. Al contrario, possono essere considerate
come espiazioni le afflizioni che provocano proteste e spingono l’uomo alla
rivolta contro Dio.
La sofferenza che non provoca lagnanze può anche essere senza dubbio
un’espiazione: ma questo è l’indizio che è stata piuttosto scelta
volontariamente che non imposta, e la prova di una forte risolutezza, che è
indice di progresso.
10 - Gli Spiriti non possono aspirare alla felicità perfetta che quando sono
puri: qualsiasi macchia impedisce loro l’entrata nei mondi felici. Così come i
passeggeri di una nave colpita dalla peste, cui è interdetto l’ingresso fra la
gente fino a che non siano sicuramente disinfettati. Gli Spiriti si spogliano a
poco a poco delle loro imperfezioni nelle successive esistenze corporee. Le
prove della vita, quando sono sopportate bene, fanno progredire e, in quanto
espiazioni, cancellano le colpe e purificano: sono il rimedio che pulisce la
piaga e guarisce il malato. Più grave è il male e più energico deve essere il
rimedio. Colui che soffre molto deve pensare che aveva molto da espiare, ed
essere lieto di guarire presto. Dipende da lui, dalla sua rassegnazione, rendere
vantaggiosa questa sofferenza, e non disperderne il frutto protestando.
Altrimenti dovrebbe ricominciare.
Volevo sapere cosa pensate di questi paragrafi, visto tutto quello che stiamo vivendo, tutto quello che dovremo ancora vivere e il riflesso di tutto quanto nella nostra vita...
Un abbraccio di cuore a cuore, abbiate cura di voi!

6 - Ma se ci sono mali dei quali l’uomo è causa prima in questa vita, ve ne
sono anche altri ai quali, almeno in apparenza, è totalmente estraneo e che
sembrano colpirlo come per fatalità. Tale, per esempio, è la perdita di esseri
cari e di coloro che erano i sostegni della famiglia, tali gli incidenti che
nessuna preveggenza poteva impedire, i rovesci di fortuna che sventano tutte
le misure di prudenza, le catastrofi naturali, e poi le infermità innate,
soprattutto quelle che impediscono a degli sventurati di guadagnarsi la vita
col lavoro: le deformità, l’idiozia, il cretinismo, eccetera.
Coloro che nascono in simili condizioni, certamente non hanno fatto nulla in
questa vita per meritare un così triste destino; destino senza compenso che
essi non potevano evitare, che sono impotenti a modificare da loro stessi e che
li pone alla mercé della pubblica commiserazione. Perché, dunque, ci sono
esseri tanto disgraziati, mentre vicino a loro, sotto lo stesso tetto, nella stessa
famiglia, altri sono invece favoriti in tutto?
E che dire poi di quei bambini che muoiono in tenera età e che della vita non
hanno conosciuto che la sofferenza? Sono problemi che nessuna filosofia è
ancora riuscita a risolvere, anomalie che nessuna religione è riuscita a
giustificare, e che sarebbero la negazione della bontà, della giustizia e della
provvidenza di Dio, se si accetta l’ipotesi che l’anima è creata in pari tempo al
corpo e la sua sorte è fissata irrevocabilmente, dopo un soggiorno di qualche
istante sulla terra. Che hanno fatto, dunque, queste anime che sono appena
uscite dalle mani del Creatore, per sopportare quaggiù tanta miseria e per
meritare nell’avvenire una ricompensa qualsiasi o una qualsiasi punizione,
non avendo potuto fare né il bene né il male?
Cionondimeno, per l’assioma che ogni effetto ha una causa, queste
miserie sono degli effetti che debbono pur avere una causa; e dal momento in
cui si ammette un Dio giusto, questa causa deve essere giusta. Siccome la
causa precede sempre l’effetto, poiché tale causa non esiste nella vita attuale,
deve essere anteriore a questa vita, deve, ossia, appartenere a un’esistenza
precedente. Ma poiché Dio non può punire per il bene che si è fatto, né per un
male che non si è fatto, se siamo puniti è perché abbiamo fatto del male; se
non l’abbiamo fatto in questa vita, l’abbiamo fatto in un’altra. E’
un’alternativa cui non è possibile sfuggire e nella quale la logica dice da quale
parte è la giustizia di Dio.
Dunque l’uomo non è sempre punito, o totalmente punito, nella sua esistenza
presente, ma non per questo sfugge alle conseguenze delle sue colpe. La
prosperità del malvagio non è che momentanea, se non espia oggi, espierà
domani. Il malvagio che soffre, invece, sta espiando il suo passato. La
sventura che a prima vista sembra immeritata ha, quindi, la sua ragion
d’essere, e chi soffre può sempre dire: “Perdonatemi, Signore, perché io ho
peccato”.
7 - Le sofferenze dovute a cause anteriori, come quelle per le colpe attuali,
spesso sono conseguenze naturali di ciò che si è commesso: ossia, per una
rigorosa giustizia distributiva, l’uomo sopporta ciò che ha fatto sopportare
agli altri. Se è stato duro e inumano, potrà essere trattato duramente e
inumanamente; se è stato orgoglioso, potrà nascere in una condizione
umiliante: se è stato avaro, egoista, o se ha fatto cattivo uso della sua fortuna,
potrà essere privato del necessario; se è stato un figlio ingrato, potrà soffrire a
causa dei suoi figli, ecc.
La pluralità delle esistenze e la destinazione della terra come mondo
d’espiazione, spiegano così le anomalie della ripartizione, quaggiù, della
felicità e della sventura tra i buoni e i malvagi. L’anomalia non esiste che in
apparenza, quando ci si basa sul punto di vista della vita presente. Ma se ci si
innalza col pensiero fino a poter abbracciare una serie di esistenze, si vedrà
che a ciascuno tocca la parte che egli merita (senza pregiudizio di quella che
gli spetta nel mondo degli Spiriti) e che la giustizia di Dio è perenne.
L’uomo non deve perdere mai di vista il fatto che egli vive in un mondo
inferiore, nel quale è costretto dalle sue imperfezioni. Ad ogni vicissitudine
dovrà dire a se stesso che se appartenesse ad un mondo più progredito tutto
ciò non gli accadrebbe, e che dipende da lui stesso non ritornare più quaggiù
riuscendo a migliorarsi.
8 - Le tribolazioni della vita possono essere imposte a degli Spiriti pervicaci
nella colpa, o troppo ignoranti per fare la loro scelta con conoscenza di causa.
Ma sono liberamente scelte ed accettate dagli Spiriti penitenti che vogliono
riparare il male che hanno fatto e tentare di far meglio. Come colui che ha mal
eseguito il suo compito e chiede di poterlo ricominciare per non perdere l’utile
del suo lavoro. Pertanto queste tribolazioni sono in pari tempo delle
espiazioni per gli errori del passato, che castigano, e delle prove per l’avvenire
che preparano. Ringraziamo Dio che, nella sua bontà, concede all’uomo la
possibilità di riparare e non lo condanna irrevocabilmente al suo primo
errore.
9 - Non bisognerebbe credere, tuttavia, che ogni sofferenza sopportata
quaggiù sia necessariamente indizio di una precisa colpa: spesso si tratta
soltanto di prove scelte ed accettate dallo Spirito per completare la sua
purificazione ed affrettare il suo progresso. Così l’espiazione è sempre una
prova, ma la prova non è sempre un’espiazione: però prove ed espiazioni sono
sempre segni di una inferiorità relativa, perché ciò che è perfetto non ha
bisogno di essere messo alla prova. Uno Spirito, quindi, può aver acquisito un
certo grado di elevazione, ma, volendo progredire ancora, sollecita una
missione, un compito da eseguire, per il quale avrà una ricompensa tanto più
alta quanto più penosa sarà stata la lotta per riuscirne vittorioso. Queste sono
più specialmente quelle persone di buoni istinti naturali, di animo elevato,
dotate di nobili sentimenti innati, che non sembrano aver conservato in sé
nulla di malvagio dalla loro esistenza precedente e che sopportano con una
rassegnazione profondamente cristiana i più grandi dolori, domandando a
Dio di poterli soffrire senza lagnarsi. Al contrario, possono essere considerate
come espiazioni le afflizioni che provocano proteste e spingono l’uomo alla
rivolta contro Dio.
La sofferenza che non provoca lagnanze può anche essere senza dubbio
un’espiazione: ma questo è l’indizio che è stata piuttosto scelta
volontariamente che non imposta, e la prova di una forte risolutezza, che è
indice di progresso.
10 - Gli Spiriti non possono aspirare alla felicità perfetta che quando sono
puri: qualsiasi macchia impedisce loro l’entrata nei mondi felici. Così come i
passeggeri di una nave colpita dalla peste, cui è interdetto l’ingresso fra la
gente fino a che non siano sicuramente disinfettati. Gli Spiriti si spogliano a
poco a poco delle loro imperfezioni nelle successive esistenze corporee. Le
prove della vita, quando sono sopportate bene, fanno progredire e, in quanto
espiazioni, cancellano le colpe e purificano: sono il rimedio che pulisce la
piaga e guarisce il malato. Più grave è il male e più energico deve essere il
rimedio. Colui che soffre molto deve pensare che aveva molto da espiare, ed
essere lieto di guarire presto. Dipende da lui, dalla sua rassegnazione, rendere
vantaggiosa questa sofferenza, e non disperderne il frutto protestando.
Altrimenti dovrebbe ricominciare.